Luciano Spalletti: "La vera vittoria per lo Zenit sara' essere riconosciuti nel Mondo"
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Alberto Farinone e Michael Braga, gli autori della versione italiana del sito dello Zenit, hanno incontrato Luciano Spalletti al termine degli allenamenti, discutendo con l’allenatore italiano della sua esperienza a San Pietroburgo. 
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Luciano, complimenti innanzitutto per la qualificazione ai gironi di Champions League e per il buon avvio di stagione. Dall’esterno, la sensazione è che qualcosa sia cambiato nello Zenit rispetto alla scorsa stagione, che è stata molto complicata per vari motivi, i giocatori remano tutti verso la stessa direzione, si aiutano tra di loro; insomma, si respira un’aria diversa all’interno dello spogliatoio. Lo si nota anche solo assistendo agli allenamenti o guardando una partita. Cos’è cambiato in questi ultimi mesi?
Sì, la sensazione è giusta, abbiamo rimesso a posto il momento il momento di difficoltà della scorsa stagione e adesso c’è uno spirito nuovo, c’è un modo di lavorare corretto per quanto riguarda una professione così importante e seria come quella del calciatore. Perchè il calcio è una cosa seria.
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Lo Zenit affronterà in Champions League squadre forti e temibili come il Porto e l’Atlético Madrid. Il bilancio della gestione Spalletti nel campionato russo è ampiamente positivo, tuttavia in Europa la squadra avrebbe potuto fare qualcosa in più. Lo Zenit fatica a decollare e soffre in modo particolare le trasferte europee contro avversari sulla carta inferiori. Cosa manca alla squadra per fare un salto di qualità nelle competizioni europee?
E’ vero, noi abbiamo fatto delle buone partite alternate a delle brutte partite, questo è quello che dobbiamo andare a sistemare. Però poi complessivamente sono tre anni che siamo presenti in Champions League, questo è un dato di fatto. Dobbiamo cercare di fare di più, anche se è bene ricordare che siamo riusciti per la prima volta a far superare i gironi di Champions allo Zenit. Però sono d’accordo con te, dobbiamo fare meglio. Spero che quest’anno metteremo a frutto l’esperienza maturata nelle passate competizioni per riuscire a fare qualcosa di più. Bada bene, bada bene... Anche alla Roma si diceva che bisognava fare di più quando ero quello che disturbava la crescita della squadra. Poi, dopo quattro anni, io sono andato in altre città europee, mi sono informato, ma della Roma non ho più sentito parlare. E questo mi dispiace, mi dispiace molto. Effettivamente speravo avessero ragione i tiratori scelti, secondo i quali ero io che limitavo la crescita della squadra.

A livello mediatico il campionato russo è poco considerato in Europa Occidentale, anche in Italia se ne parla poco, nonostante ci sia un tecnico famoso come lei, un nazionale come Criscito e tanti altri giocatori di alto livello. Ci sarebbero anche numerosi punti di interesse, insomma. Come mai non riesce ad emergere da questo punto di vista, rimanendo dunque un torneo così sottovalutato?
Probabilmente bisognerebbe essere più presenti nelle competizioni europee, bisognerebbe ottenere qualche risultato in più. Però si accorgeranno di quello che è l’impegno, di quella che è la qualità che stanno mettendo a disposizione del calcio molti personaggi in Russia. Ci sarà una crescita. Aspettatevi una crescita importante di questo Paese nei prossimi anni, sia a livello calcistico sia a livello commerciale. La Russia è uno stato in grande via di sviluppo.

Qual è la sua opinione in merito al limite sugli stranieri? Ritiene che sia un vantaggio o un freno per il movimento calcistico russo?
Dipende da quale punto di vista lo si vuole vedere: io penso sempre che se vogliamo essere aperti, bisogna esserlo nel vero senso della parola, prendendo quello che di buono gli altri possono insegnarci. Il limite naturalmente può dare un contributo alla nazionale, dato che garantisce più presenze ai giocatori russi, che così forse hanno più possibilità di mettersi in mostra. E’ chiaro con un maggior numero di stranieri i giocatori locali faticherebbero maggiormente a trovare spazio. Io penso che aprire sia sempre la cosa migliore, sono contrario a chiudere per essere il migliore. Io sono il migliore se sono in grado di confrontarmi con gli altri e se riesco a prevalere con il mio modo di ragionare e con il mio modo di fare sugli altri. Se siamo in tre è più facile essere il migliore, ma non è un confronto reale. Deve essere un principio proprio dinamico: aprire e confrontarsi con il Mondo intero. La vera vittoria per lo Zenit, come ho detto più volte, sarà andare dall’altra parte del Mondo ed essere riconosciuti.
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A nostro modo di vedere, il punto di forza del suo Zenit è sempre stato il gioco di squadra. Non pensa che un giocatore come Hulk, per quanto bravo e in possesso di qualità eccezionali, sia un pò troppo individualista e di conseguenza “stoni” in quel contesto tattico?
Se vai a vedere i calciatori tutti hanno un punto su cui lavorare, che può sembrare anche un difetto, qualunque giocatori. Anche i campioni come Messi e Cristiano Ronaldo, se si vanno ad analizzare, si trova qualcosa sui cui si può ridire. E’ chiaro però che poi se li analizzi nella completezza, noti che sono molte più le qualità e che compensano quel lato più dolente con qualità eccezionali. Lo stesso discorso vale anche per Hulk: se lo guardi bene nella sua totalità, vedrai che troverai molti più pregi che difetti.

In passato hanno spesso rimproverato ad Arshavin di non impegnarsi, in particolar modo in Inghilterra era considerato un giocatore eccessivamente pigro. Allo Zenit invece sembra aver ritrovato quelle motivazioni perdute? Come si gestisce un talento del genere? E’ complicato?
Arshavin prima di tutto è tornato a casa sua. Alla sua città e ai suoi tifosi ci tiene perchè sono quelli che hanno contribuito a farlo diventare Arshavin. Perché il movimento che ruota intorno al calcio riveste sempre un’importanza fondamentale; senza di esso, non ci sarebbero i campioni, che necessitano di sentirsi così importanti e riconosciuti. E’ tornato a casa sua, è nuovamente stimolato. Come si fa a gestirlo? Non lo so, io faccio giocare chi mi può dare una mano per vincere, se uno abbassa il livello di rendimento, se ne ho la possibilità, non gioca. Spero che capiscano quello che è il loro ruolo e quella che è l’importanza del comportamento da tenere.

Che cosa le rimarrà più nel cuore di questi anni trascorsi a San Pietroburgo?
Mi rimarranno tante cose, qui sono stato rispettato da un’intera città, sia da un punto di vista sportivo che umano. Mi hanno fatto lavorare nel migliore dei modi, supportandomi anche nei momenti di difficoltà, sia dalla città, sia dai tifosi e sia dalla società. Questo per me è un dato di fatto fondamentale: io sbaglierò, ma faccio ogni cosa con sentimento. 
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