Alla scoperta di Yuri Lodigin (intervista estratta da “Nash Zenit”)
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Dalla Grecia alla nazionale di Capello, passando per una Fiat Punto e… lo Spartak Nalchik!
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— Yuri, parlaci della tua vita prima dello Zenit. Ma proprio dall’inizio!
— Ok, sono nato a Vladimir e lì sono stato battezzato in una grande chiesa, non ricordo il nome. Poi ho iniziato a frequentare la scuola, fino al terzo anno. Ricordo di aver portato, il primo giorno di scuola i fiori alla maestra come da miglior tradizione russa. Mia madre ha ancora le foto di quel giorno. E poi all’età di 9 anni sono andato via, in Grecia, dopo esserci già stato un paio di volte in vacanza, perché mia madre voleva vedere come si viveva in quei posti.

— E quindi non avevi idea di cosa ti stava aspettando?
— No, io e mio fratello facevamo solo bagni nel mare, mentre mia madre pensava a trasferirsi! E nel 2000 così accadde.

— E’ arrivata e vi ha semplicemente detto “si parte”?
— Naturalmente no. Ne abbiamo parlato, ci ha preparato. Lo voleva fare a tutti I costi per la famiglia. Così partimmo e ci stabilimmo in una piccola città. Ma nel 2004 vendemmo tutto  e tornammo in Russia. Per fortuna avevamo ancora un appartamento e così ripartimmo da capo ricomprando un divano, un mobile vetrina ecc. Mia madre amava i mobili vetrina e metterci la Tv sopra... E dopo 4 anni in Grecia tornai a scuola! All’ottava classe!

Così nel 2002, mentre ero in Grecia guardai I mondiali nippocoreani, appassionandomi al ruolo di portiere. E dopo un po’ di tempo, un amico ci disse che in un villaggio a dieci kilometri dal nostro c’era una squadra che faceva la quarta divisione. Quindi andammo là, in sei o sette e ci chiesero in che ruolo volevamo giocare. Io risposi: “Portiere!”.

— Quanto ci hai messo ad imparare il greco?
— Un anno e mezzo circa.

— E’ così facile?
— No, forse ho una predisposizione naturale. So per certo che un russo, anche se vivesse dieci anni di fila in Grecia farebbe fatica a pronunciare tutti i suoni in modo corretto (teta, delta ecc.).

— E quindi nel 2004 tornasti a Vladimir.
— Si ma ero già un portiere. Iniziai a giocare nella squadra giovanile di quel paese ed a 14 anni mi chiamarono in prima squadra insieme a gente di 35 o 36 anni!

— E quanti gol ti fecero nel tuo primo match con “i grandi”?
— Scherzi?  Parai anche un rigore! Come feci non lo so, successe e basta. Prima della partita dissi ad un amico: “Guarda ci sarà un calcio di rigore, lo tirerà sulla destra e lo parerò”. E così fu!

— E cosa disse il tuo amico?
— Non poteva crederci, se vuoi ti dò il suo numero! E’ stata una pura combinazione, un caso. Forse me lo sentivo e basta!

— Torniamo a Vladimir.
— Sì mia madre ci disse che tornavamo in Russia. Ma solo temporaneamente e magari potevamo fare su e giù perchè a Vladimir dovevamo cercare di vendere la casa e, comunque, non sarebbe stato per sempre.  Andai dal mio presidente e lui mi disse: “Yuri, ecco le tue carte e torna presto!” . Ci furono lacrime e tristezza ma in Russia poi mi trovai bene, nulla era cambiato c’erano anche I vecchi amici e con loro giocavamo a calcio due contro due dopo la scuola, ogni pomeriggio. Ma volevo solo fare sport e così giocai anche a basket e pallavolo alla sera.

— Così dalla quarta divisione greca passasti ad una squadra scolastica in Russia.
— Sì, ma siccome dovevo recuperare un anno (facevo l’ottava classe, anzichè la nona) pensavo più alla scuola che al calcio

— E poi tornasti in Grecia.
— Sì, dopo un anno tornai nel mio piccolo villaggio greco. Lì giocai ancora nelle formazioni giovanili locali fino a quando un osservatore dello Xanthi mi notò. In ogni caso mi sono dimenticato di dire che studiavo anche musica!

— Davvero? Quale strumento?
— La chitarra! Ma anche il piano.

— Tua mamma ti spinse ad andare allo Xanthi?
— No, anzi. Xanthi era a più di 100 kilometri dal nostro paese ed io non avevo nemmeno 18 anni. Ma io la supplicai, perché mi avrebbero anche pagato. Anche il presidente della mia piccola squadra la implorò. E così lei si decise, anche a firmare tutte le autorizzazioni necessarie. Ma una volta lì, messo in una città, in un bruttissimo appartamento mi misi a piangere.

— E come andarono i primi tempi?
— Non facevo nemmeno panchina nella squadra giovanile. Dalla pima squadra facevano sempre giocare un portiere così io che ero il secondo, retrocedevo al terzo.

— E continuò così per molto?
— Sì, il primo anno giocai solo tre partite, senza particolari successi. Il secondo anno andò un po’ meglio e giocai 15 partite ma poi dalla prima squadra arrivò di nuovo un portiere. Per fortuna, a fine stagione, ci chiamarono per un torneo  in Germania. C’erano Fenerbahce, Hertha, Hoffenheim e squadre giapponesi. Vincemmo il torneo. Io vinsi il titolo di miglior portiere perché ci qualificammo due volte grazie alle mie parate ai calci di rigore. Ho ancora quella statuetta premio! Il terzo anno ci fu la svolta e giocai regolarmente. Anzi, spesso mi allenavo con la prima squadra e tante volte dovevo abbandonare la scuola. Per fortuna il preside era tifoso dello Xanthi e non mi creava problemi… Poi a fine stagione mi chiamarono e mi offrirono un contratto da professionista! Che onore! Lo Xanthi non aveva mai avuto in prima squadra un prodotto del suo vivaio! Corsi subito dalla mia fidanzata, ora mia moglie felicissimo!

La stagione successiva, in prima squadra, iniziò bene. Avevamo un allenatore tedesco e tre portieri: io, un austriaco che adesso gioca a Seattle ed un greco, Liberopoulos. Lui puntò su di me e sull’austriaco. Giocai anche bene ma tutto si ruppe quando venne esonerato: al suo posto un rumeno che voleva solo giocatori esperti. Fui addirittura messo da parte, mi allenavo da solo e piangevo dietro ai cespugli. Non potevo accettare di essere messo da parte, io mi sentivo più forte degli altri portieri. Piangere mi rese più forte, mi allenavo per ore e ore.

Al mio secondo anno da professionista I dirigenti dello Xanthi mi diedero la possibilità di farmi le ossa in Serie B, in una squadra vicino a Salonicco. Appena andai là mi sentii subito a mio agio. Lasciai la mia fidanzata a Xanthi per rincorrere questa sfida: le cose andarono bene, mi rispettavano tutti,  mi pagavano anche, non tantissimo per la verità, ma riuscii anche a comprarmi una macchina!

— Quale macchina?
— Il presidente mi disse: “Yura, quanto vuoi?” Mi feci dare I soldi per comprare una Fiat Punto! Giocai 27 partite e fui anche chiamato nella nazionale giovanile, anche se non mi fecero giocare e questo mi deluse. Tuttavia mi rinfrancava il fatto di essere l’unico convocato da un club di Serie B, gli altri erano tutti dei grandi club greci.

— E poi?
— E poi... il presidente non aveva più soldi e ci pagava poco. All’inizio arrivavano anche 1000 euro al mese, poi solo 400 e poi… nulla. Dall’albergo dove vivevo andai a vivere con un compagno di squadra in un appartamento. Lui cucinava bene la pasta, la cosa più economica che c’era… Con i pochi soldi che avevamo non potevamo permetterci altro! E così seguimmo una dieta chimica: raggiunsi i 78 kili, io che, normalmente ne peso 84!

— In che senso “dieta chimica”
— Mangiavamo solo pasta! Ci svegliavamo tardi specificatamente per saltare la colazione (non avevamo nulla da mangiare) e se riuscivamo a metterci sopra un sugo era un lusso!

— Tornasti allo Xanthi?
—Non subito. Cercai di farmi pagare ma il presidente mi faceva solo promesse, nazi mi dava del tirchio! Chiesi allo Xanthi di intervenire ma loro non riuscirono a risolvere nulla perché il presidente sosteneva che io ero pagato e che avrei ricevuto tutto comunque. Così lanciai un ultimatum alla squadra: o mi pagate entro Pasqua o me ne vado. Loro non mi pagarono, ma l’allenatore mi chiese di giocare ancora. La partita era a 200km di distanza da casa… Io chiesi prima 500 euro per pagarmi le spese e la benzina, poi solo 200. Poi 100! Ma niente, nessuno mi diede nulla ed io tornai a Xanthi.

— Cosa ricordi della Serie B greca?
— I tifosi sono molto…emozionali. C’era un club in particolare molto rispettato e noi li stavamo battendo. Dagli spalti mi urlavano e mi tiravamo di tutto. Io adoro quando i tifosi mi urlano contro! In un attimo mi passò vicino alla testa una bottiglia di Fanta. La presi, guardai i tifosi ed iniziai a bere… scatenai il finimondo!!!

—E tornasti allo Xanthi.
— Sì dopo 5 partite fui il titolare. Ma non fu facile. Gli altri due portieri erano esperti, ex Aris e AEK! Io a 22 anni ero titolare averli dietro non era semplice. In ogni caso le cose andarono bene ed anzi, dopo la gara col PAOK ricevetti una chiamata.

— Da chi?
— Dal PAOK! Dallo stesso allenatore che non mi fece giocare nella nazionale giovanile! Ma non trovarono un accordo con lo Xanthi e loro spesero 200 mila euro per un altro portiere, io costavo di più. Poi venni a sapere che lo Zenit mi seguiva. Andai in tilt e telefonai subito alla mia futura moglie.  

— Cosa ti disse?
— Era impazzita di gioia! Anche perchè un giorno quando le cose andavano male lei, fantasticando, mi disse: “Yura, guarda che bello sarebbe poter giocare nello Zenit”. Aprimmo il sito internet, vedemmo tutto e sognammo a occhi aperti…

— Chi ti disse che lo Zenit si era interessato a te?
— Non ricordo, era una cosa emersa dai giornali. Ma spesso prima della partita sapevo di avere gli occhi dello Zenit addosso. La trattativa è stata graduale fino a quando Beiersdorfer ha voluto conoscermi personalmente. Sono stato anche a San Pietroburgo una settimana per tutti i test fisici. Ci fu una pausa poi, ma proprio all’ultimo respiro mi chiamarono in fretta e furia a firmare il contratto, a Salonicco. Il 20 Giugno 2013 la mia avventura con lo Zenit ha inizio. Ma posso raccontarvi un aneddoto? Nel 2011 partecipai ai training camps dello Spartak Nalchik! Lo sapevate?

— No.
— Il mio agente parlò con qualcuno di loro, avevano un training camp ad Antalya. Mi allenai bene e giocai molto bene anche.  L’allenatore mi voleva ma I due clubs non si misero d’accordo.

— Come è possibile che nessuno si accorse di tutto questo?
— Ero Zhirnov. O Kulagin. Non Lodigin… Eh eh. Adesso devo proprio ringraziare lo Xanthi. Mi ha venduto al momento giusto ed alla squadra giusta.

— A proposito di ciò cosa ti aspetti dal futuro?
— Io non voglio avere la testa fra le nuvole ed adagiarmi sugli allori. Voglio lavorare, migliorarmi, non fare errori. Voglio diventare più affidabile. Prima di tutto devo conquistarmi la fiducia dei compagni, è la cosa più importante. Se loro credono in me il resto è più facile. Io sono obbligato ad aiutarli con le mie parate. Poi voglio vincere titoli con lo Zenit. Non ho mai vinto nulla. Voglio il campionato e la coppa. E poi voglio la Champions League. Non bisogna mai smettere di rincorrere le cose anche quando sembrano lontane. Il mio limite è solo il cielo.

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